UNA STRUGGENTE EPOPEA DELL' UOMO
voto: **** Turchia-2011
Lungo desolate
campagne sconfinate e strade notturne e misteriose della Turchia , tre auto
viaggiano apparentemente senza meta alla ricerca di qualcosa. Il commissario
Naci (Erdogan), insieme al procuratore Nusret (Birsel) e al dottor Cemal
(Uzuner) viaggiano insieme al sospettato d’ omicidio Kenan (Firat Tanis) alla
ricerca del luogo dove quest’ ultimo avrebbe sepolto il cadavere dell’ amico
ucciso pochi giorni prima. Ambienti simili e poco differenti l’ uno dall’ altro,
uniti alla stanchezza cavalcante del
percorso, renderanno inutili le ricerche
fino all’ alba. L’ équipe decide quindi di fermarsi a rifocillarsi e riposarsi
in uno sperduto paesino dove saranno affettuosamente accolti dal sindaco e
dalla bellissima figlia, per poi proseguire le ricerche. Lo snervante viaggio si concluderà con la riscoperta del cadavere e
il trasferimento del corpo all’ ospedale più vicino per il riconoscimento della
vittima da parte della moglie e l’ autopsia del dottor Cemal.
Un film corale che presenta varie ambientazioni e vari
protagonisti nella sceneggiatura non basta a definire la complessità dell’
ultimo lavoro di Nuri Bilge Ceylan, vincitore del Premio della Giuria al 64^ Festival di Cannes. Si tratta di un film
complesso , magistralmente girato e profondamente riflessivo. La sceneggiatura
è pervasa fin dall’ inizio da un forte respiro d’ ambiguità che non chiarisce mai l’
andamento della sceneggiatura e che si
trascina per quasi tutto il film,
fintando la stoccata allo spettatore varie volta, senza mai concluderla. Nella
parte iniziale, soprattutto durante le continue attese nella ricerca di un cadavere che non si trova, l’
intreccio è pervaso da numerosi dialoghi di forte quotidianità fra i
poliziotti, il procuratore e il medico e tutti i personaggi in ordinari piani fissi, alternati da inquadrature
scenografiche di forte impatto e inaspettata suggestione. Un ibrido
scenografico che dà molta suspance alla prima parte del film che apparentemente
potrebbe sembrare prolissa e eccessivamente dilatata. I dialoghi diventano man
mano più serrati e danno corpo alla sceneggiatura come dimostra il discorso fra
il procuratore e il medico. Nusreti racconta infatti di una donna bellissima e amabile che riuscì a prevedere la sua morte. La donna
in cinta,
che poi si scoprirà essere sua moglie, molti mesi prima, era sicura
della data esatta della morte, che sarebbe avvennuta, a detta sua,
immediatamente dopo il parto. Cemal in modo disincantato e scientifico farà
capire al procuratore che si trattò di suicidio premeditato , causando lo
sgomento nel legale. Si tratta di un racconto che percorre tutto il film e che
si trascina durante tutta la pellicola, mostrandosi di importanza focale. Un confronto
che lascia perplessi e insicuri durante
l’ intera proiezioni. Dubbi che trovano contatto solo quando nella storia si
intromettono altri due personaggi femminili: la figlia del sindaco, che lascia
sgomenti tutti per la sua purissima bellezza e la moglie del defunto, che dopo
il riconoscimento del marito ucciso, se ne andrà commossa ma composta dall’ ospedale, sotto gli occhi del
dottor Cemal, insieme al figlio (che si scoprirà essere, in realtà, il figlio
suo e dell’ omicida Kenan). Un’ attenzione alla donna e alle sue
caratteristiche non usuale, che
suggerisce un leitmotiv femminile. Sembra quasi che il regista abbia voluto
evidenziare tre diversi elementi legati alla femminilità: la crudeltà (emersa
dalla condotta della moglie del procuratore, che si toglie la vita per
vendicarsi del tradimento del marito), la bellezza ineffabile che lascia
sgomenti (mostrata dal viso angelico della figlia del sindaco) e l’ infedeltà
accompagnata dalla forza, mostrata dalla moglie del defunto. Un punto focale
apparentemente secondario quello descritto ma che segue sempre la storia, senza
mai abbandonarla e su cui l’ epilogo del film strozzato si concentra
perentoriamente.
Tecnicamente, la regia è sicura e di ottimo livello. Pur
essendo un film d’ attesa, quello di Ceylan è un’ opera pregna di significato e
di “Cinema”, nella sua più pura definizione e mi riferisco alla scenografia inquietante,
le luci puntuali e dilatate, l’ utilizzo di colori sempre caldi e di sfumature
scivolanti ma anche di dettagli in
primissimo piano eloquenti e affilati. Stupenda ed estremamente fisica l’
ultima sequenza, quella dell’ autopsia, molto rude e cruda, tanto da sentire i
rumori della carne che si tocca, degli organi che si esportano, del sangue che
circola. Scena che impreziosisce ancora di più una pellicola di ottimo livello
espressivo e sceneggiativo, che ammaglia e inquieta; che vince giustamente a Cannes e che fa bene
al Cinema, per la sua complessità, il suo linguaggio, la sua Arte.
Pochissimo successo
di sala e ingiusto ma presumibile
flop al botteghino, con poche decine di migliaia di euro di guadagno e scarsa distribuzione
in Italia. Per fortuna Brescia dà la possibilità di ammirare uno dei migliori
film dell’ anno.
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