giovedì 20 dicembre 2012

"La bicicletta verde" di Haifaa Al-Mansour


                           LA DONNA ISLAMICA IN UN DRAMMA "OCCIDENTALE"



                                                    voto: ** e mezzo     (Arabia Saudita-2012)

Immersa nell' Islalismo più profondo, in quell' Arabia Saudita integralista e profondamente radicata nella cultura maomettana, la piccola Wadjda (Waad Mohammed) cresce con la madre (lasciata dal marito perché incapace di avere figli maschi) in un ambiente ostico e misogino. Tuttavia con brillante furbizia ed enorme pervicacia essa riesce a conservare gelosamente i propri desideri e passioni che vanno dalla musica rock ai videogiochi, contrari al canonico modello di comportamento e moralità di una virtuosa donna musulmana . Simbolo di questa contrarietà e irriverenza giovanile sono le calzature della ragazzina, unica ad indossare un paio di “Converse” colorate invece dei classici sandali delle sue compagne di scuola. Secondo la visione comune è bene che le donne non usino la bicicletta poiché rischiano di rimanere sterili ma la giovane Wadjda non desidera altro e vuole riuscire ad averne una per sfidare l' amico Abdullah (Algohani) ma il prezzo è troppo alto e la madre non se la può permettere. Sarà in questo modo che la ragazza comincerà ad intensificare la sua attività di composizione di braccialetti che vende clandestinamente all' interno della scuola esclusivamente femminile. Ma i profitti non bastano e la gara di Corano di lì a pochi mesi, che prevede per la vincitrice un premio di mille corone, sembra un' occasione perfetta per realizzare il proprio sogno, sebbene lei non sia una studentessa modello e la preside della scuola sia ferventemente contraria alle sue abitudini.

Il film racconta l' angosciante situazione femminile islamica e impersonifica quel naturale desiderio di emancipazione e libertà nelle giovanili forme di una bambina coraggiosa che senza violenza diventa simbolo accattivante di una rivoluzione individuale, fatta di indipendenza e caparbietà. Pellicola di condanna che crea una vero e proprio parallelismo tra il retrogrado fanatismo islamico e la dolce evasione di una piccola ribelle. Opera armonica che prende quota progressivamente, in particolare nel finale, raggiungendo un buon ritmo sceneggiativo, influenzato chiaramente dal Cinema americano e dalla commedia statunitense, sia nell' utilizzo della cinepresa che nello sviluppo dell' intreccio. Aspetto che rende la trama a tratti prevedibile e presumibile dallo spettatore, malgrado una forte organizzazione profilmica carica di realismo. La durata di non più di 100' porta          

lunedì 10 dicembre 2012

"Ruby Sparks" di Jonathan Dayton e Valerie Faris

         

          WILDER E ALLEN IN UNA NUOVA E BRILLANTE COMMEDIA ROMANTICA




                                                   voto: ***         (USA-2012)


Calvin Weir-Fields (Paul Dano) è uno scrittore di precoce successo. Il giudizio di genio gli viene accostato spesso ma un' inattesa crisi espressiva non gli permette più di scrivere. Tutto ad un tratto la creatività, che lo ha reso uno scrittore conosciuto e ammirato, lo abbandona misteriosamente. Nemmeno il suo psicanalista Dott. Resenthal (Elliot Gould) riesce a risolvere le difficoltà e lo smarrimento di Calvin, incolpando soltanto la sua isolatezza emotiva. Come in una fiaba dei fratelli Grimm, il potere dei sogni viene in soccorso al protagonista che, da un momento all' altro, inizia a immaginarsi nel sonno in modo chiaro e nitido una ragazza di cui si innamora e che incontra ogni notte. Ne viene letteralmente folgorato e più cresce la conoscenza e l' amore verso questa inattesa dea naif, più cresce nel giovane romanziere una nuova e fresca ispirazione artistica e un impulso quasi fisico con la macchina da scrivere che non abbandona più. Il nuovo romanzo prende forma e la protagonista Ruby Sparks (Zoe Kazan) viene delineata con precisione prodigiosa, sempre più profondamente. Un nuovo entusiasmo permane la personalità di Calvin, sempre più innamorato della magica e onirica Ruby, fino a quando una mattina, misteriosamente, il ragazzo incontra proprio la protagonista del suo manoscritto nel salotto di casa . Lo scrittore è riuscito a creare una persona in carne ed ossa, speculare al personaggio dei suoi sogni. L' iniziale preoccupazione di follia lascia presto il passo ad uno stupore incredulo e, senza pensarci troppo su, i due cominciano a vivere la loro storia d' amore. Una relazione che, malgrado sia con una ragazza inventata e vicina al proprio ideale, nasconderà problemi, incomprensioni e divergenze che causeranno il logoramento della coppia e porteranno il protagonista a riflettere su di sé e sui propri sentimenti.

Una commedia romantica, fresca e brillante il nuovo film diretto a quattro mani da Jonathan Dayton e Valerie Faris, che mette in scena una storia d' amore fantasiosa e irreale ma sempre coerente, originale e curiosa. Influenzata in parte dallo stile fantasioso di Woody Allen da un lato (espresso in alcune pellicole come “La rosa purpurea del Cairo” e il più recente “Midnight in Paris”) e dalla commedia anni '60 di Billy Wilder, i medesimi produttori del piacevole “A Little Miss Sunshine” sponsorizzano una pellicola dinamica e armonica in tutti i suoi aspetti. La regia è ordinata, lineare e sorretta da sequenze ristrette che regalano grande varietà alla narrazione. L' ampio cast offre una performance di ottimo livello, soprattutto nel protagonista Dano (presente anche in “A Little Miss Sunshine”), in Antonio Banderas (il patrigno di Clavin) e nella coprotagonista Kazan, nipote del grande regista di        

venerdì 7 dicembre 2012

"Di nuovo in gioco" di Robert Lorenz


                                           
                                          ESORDIENTE IN VECCHIO STILE


                                                        voto: *          (USA-2012)


Gus Lobel (Clint Eastwood) è un anziano scout degli Atlante Braves, una delle squadre della Major league americana di baseball. Acciaccato e sempre più ombra di se stesso, malgrado il suo mordente, la passata leggenda del mercato comincia ad essere sempre più lontano anche dalla dirigenza che, non fidandosi più di lui, invia altri osservatori nelle sue zone. Preoccupazioni non peregrine, visto che ormai la vista di Gus è molto diminuita e, a causa di un grave annebbiamento, non riesce nemmeno più a vedere nitidamente il campo e i giocatori, basandosi per lo più su rumori e suoni di mazze e lanci. Intuizioni che tuttavia riveleranno a tutti il suo vero talento dato dai lunghissimi anni sul campo e non da sterili statistiche su uno schermo. Un rapporto con il suo lavoro e col baseball quasi fisico e totale quello di Lobel, che senza lavoro non è più , non esiste più, non si sente vivo. Sarà per questo motivo che Pete Klei (Goodman), vecchio amico e dirigente sportivo, rendendosi conto dei suoi problemi e del rischio che la dirigenza non gli rinnovi più il contratto, chiama la figlia Mickey (Amy Adams), la sua unica famiglia, chiedendole di andare da lui per qualche giorno. Mickey, avvocato di spicco in uno studio di Atlanta, decide dopo un iniziale rifiuto di stare per un paio di giorni dal padre per sorreggerlo e per cercare di ricostruire un rapporto compromesso da tempo per lo zelo eccessivo del genitore e la morte prematura della madre. L' inaspettato incontro porterà ad una serie di eventi che riavvicineranno i due, riportando alla luce lontane verità e restituendo un nuovo e fresco affetto ed una tenera empatia che porterà i protagonisti a capirsi, ritrovarsi e perfino a collaborare lavorativamente. Il tutto condito dalla presenza di un giovane scout, Johnny (Timberlake), ex promessa scoperta da Gus, che sedurrà la giovane, allontanandola dallo stress lavorativo per riavvicinarla all' umanità e alla passione del baseball e quindi all' affetto perduto per il padre troppo assente.

Ritorno sul grande schermo da solo attore di Eastwood , che viene diretto da Robert Lorenz che , dopo anni da produttore, produttore esecutivo e aiuto regista anche di grandi film come “Million dollar baby” e “Gran Torino”, realizza la sua prima pellicola da regista. Hollywood torna a parlare di baseball (dopo il buon “Moneyball” di Miller dell' anno scorso) dall' interno e cioè dal punto di vista dei dirigenti, scout, osservatori e addetti ai lavori. E sempre con quella tendenza manichea nel mettere a confronto la tradizione del passato e di uno sport vissuto sulla pelle, a stretto contatto col campo ed il “nuovo”, la tecnologia, il progresso, quelle statistiche che fanno valutare un giocatore solamente dai suoi dati demoscopici. Lo stile dell' esordiente autore si rivela però