VITA DI PI, UNICO DIAMANTE FRA MISERE PATACCHE
voto: *** e mezzo (Cina/USA-2012)
Un calderone commerciale che visto così non sembra aver molte
differenze dalle classiche locandine pubblicitarie dei nostri Multisala, se non spuntasse in mezzo a questo
coerente insieme di vecchio e scassato Hollywood unito a commediole comiche da
pizza e mandolino, la nuova e magnifica fatica del taiwanese Ang Lee: “Vita di
Pi”. Tratto dall' omonimo romanzo di Yann Martel, il racconto tratta di un
ragazzo di Pondicherry (India), Piscine (chiamato Pi), che già in età giovanissima cercherà di
esplorare i misteri della religione e della spiritualità, aderendo a tratti
all' induismo, al cattolicesimo e all' islamismo. Da ragazzo, dopo la decisione
dei genitori di trasferirsi in Canada,
rimarrà vittima di un terribile naufragio, che lo vedrà sopravvivere in
aperto Oceano Pacifico per 227 giorni su una scialuppa insieme ad una tigre del
bengala di nome Richard Parker. Un racconto di formazione, caratterizzato da
forti influenze testuali, sia religiose che letterarie, da Defoe ai racconti
biblici di Giona, da Allan Poe al “Libro di Giobbe”. Elementi che il regista cerca di mantenere quasi
immutati, riuscendo ad esaltarli con una regia brillante e ritmata in ogni sua
aspetto e una finezza tecnica da pittore del suo tempo. Sequenze lunghe
scandite spesso da piacevoli long take
caratterizzano in particolare il presente, cioè Pi da uomo che si racconta al
giornalista che lo intervista sulla sua esperienza ed è proprio da qui che
inizia un lunghissimo flashback che dura quasi tutto il film. Un ricordo che
viene interrotto raramente dalle domande del reporter, soprattutto dopo lo
snodo narrativo del naufragio, sequenza in cui la storia prende