martedì 8 gennaio 2013

Babbo Natale ha gli occhi a mandorla

                         

                           VITA DI PI, UNICO DIAMANTE FRA MISERE PATACCHE



                                                 voto: *** e mezzo      (Cina/USA-2012)

La fine del 2012 e l' inizio del nuovo anno nelle nostre sale cinematografiche sono stati caratterizzati da varie pellicole che, come spesso capita in periodi come questo, non hanno invertito la misera tendenza valutativa delle maggiori distribuzioni . Da una parte molti riflettori hanno puntato sul  ritorno di Jackson che in pompa magna  realizza l' “originario”  e autoreferenziale “Lo Hobbit”, che non ha nulla da dire dopo la fortunata trilogia del “Signore degli anelli”,  dall' altra un thriller d' avventura in classico stile hollywoodiano:  il deludente “La regola del silenzio” , in cui un cast ampio e conosciuto quanto attempato e fiacco  non riesce a suscitare la benché minima tensione  emozionale  e la regia di un Redford d' altri tempi non dona altro che noia e schematismo classico  all' intera pellicola. Segue l' ennesimo adventure-movie di Cruise che sembra voler fare di tutto fuorché rendersi conto dell' età che ha e continua a scorrazzare in mezzo a prevedibili sceneggiature nei panni di un militare implacabile in “Jack Reacher”; accanto,  un ritorno “british” e caotico di  Tornatore che con “La migliore offerta” mette in scena oltre che un ottimo cast, che mantiene il film su buoni livelli, anche le sue qualità  espressive su una sceneggiatura complessa e articolata che naviga fra apparenza e realtà. Il tutto condito da alcune insicure opere animate con “Ralph Spaccatutto” e “Sammy 2” e le immancabili espressioni popolari del Cinema Italiano che sforna il ritorno nazional popolare  di Albanese in “Tutto tutto  niente niente”, la meteora da 7 milioni di euro incassati “I due soliti idioti”  e la commedia (che si presenta come brillante, rivelandosi poco più che un cine-panettone) “Mai stati uniti”.

Un calderone commerciale che visto così non sembra aver molte differenze dalle classiche locandine pubblicitarie dei nostri  Multisala, se non spuntasse in mezzo a questo coerente insieme di vecchio e scassato Hollywood unito a commediole comiche da pizza e mandolino, la nuova e magnifica fatica del taiwanese Ang Lee: “Vita di Pi”. Tratto dall' omonimo romanzo di Yann Martel, il racconto tratta di un ragazzo di Pondicherry (India), Piscine (chiamato Pi),  che già in età giovanissima cercherà di esplorare i misteri della religione e della spiritualità, aderendo a tratti all' induismo, al cattolicesimo e all' islamismo. Da ragazzo, dopo la decisione dei genitori di trasferirsi in Canada,  rimarrà vittima di un terribile naufragio, che lo vedrà sopravvivere in aperto Oceano Pacifico per 227 giorni su una scialuppa insieme ad una tigre del bengala di nome Richard Parker. Un racconto di formazione, caratterizzato da forti influenze testuali, sia religiose che letterarie, da Defoe ai racconti biblici di Giona, da Allan Poe al “Libro di Giobbe”. Elementi  che il regista cerca di mantenere quasi immutati, riuscendo ad esaltarli con una regia brillante e ritmata in ogni sua aspetto e una finezza tecnica da pittore del suo tempo. Sequenze lunghe scandite spesso da  piacevoli long take caratterizzano in particolare il presente, cioè Pi da uomo che si racconta al giornalista che lo intervista sulla sua esperienza ed è proprio da qui che inizia un lunghissimo flashback che dura quasi tutto il film. Un ricordo che viene interrotto raramente dalle domande del reporter, soprattutto dopo lo snodo narrativo del naufragio, sequenza in cui la storia prende